Paul Poiret nacque a Parigi nel 1879 da una famiglia di commercianti di tessuti, dimostrò subito una grandissima passione per il disegno e per la moda.
Finiti gli studi, iniziò a lavorare presso un produttore di ombrelli, inviando nel frattempo i propri figurini alle Maison di moda parigine.
I suoi disegni riscossero molto successo tanto che nel 1898 il celebre stilista parigino Doucet lo assunse presso il proprio atelier, e nel giro di poco tempo, oltre a diventare il capo del reparto del taglio, Poiret, si guadagnò la libertà di creare e realizzare i propri modelli.
Vista la sua propensione per la teatralità, i primi incarichi riguardarono proprio la realizzazione di costumi teatrali per le attrici clienti di Doucet.
Finiti gli studi, iniziò a lavorare presso un produttore di ombrelli, inviando nel frattempo i propri figurini alle Maison di moda parigine.
I suoi disegni riscossero molto successo tanto che nel 1898 il celebre stilista parigino Doucet lo assunse presso il proprio atelier, e nel giro di poco tempo, oltre a diventare il capo del reparto del taglio, Poiret, si guadagnò la libertà di creare e realizzare i propri modelli.
Vista la sua propensione per la teatralità, i primi incarichi riguardarono proprio la realizzazione di costumi teatrali per le attrici clienti di Doucet.
Nel 1900 Poiret dovette partire per il servizio militare e al suo ritorno, l'anno seguente, venne assunto da Jean-Philippe Worth. Questa collaborazione si esaurì presto perchè la clientela di Worth, abituata ad un gusto sfarzoso. trovarono le sue creazioni troppo semplici, quasi all'avanguardia.
Nonostante le esperienze presso i due prestigiosi atelier, Poiret non poteva contare ancora su di una grande fama, ma decise lo stesso di inseguire la propria passione e di aprire, nel 1903 la sua prima Maison dietro all'Opera, al numero 5 di Rue Auber.
Cercando di sfruttare al massimo i pochi mezzi che aveva a disposizione, ebbe la modernissima intuizione di usare la vetrina come mezzo di divulgazione, infatti essa è o non è una grande finestra sulle vie cittadine e sulla società?
Per questo ogni allestimento creato era spettacolare, sembrava quasi di essere a teatro di fronte ad un palcoscenico ricco e meraviglioso, ed in poco tempo, il suo negozio divenne una delle tappe fisse delle promenade parigine.
Nonostante le esperienze presso i due prestigiosi atelier, Poiret non poteva contare ancora su di una grande fama, ma decise lo stesso di inseguire la propria passione e di aprire, nel 1903 la sua prima Maison dietro all'Opera, al numero 5 di Rue Auber.
Cercando di sfruttare al massimo i pochi mezzi che aveva a disposizione, ebbe la modernissima intuizione di usare la vetrina come mezzo di divulgazione, infatti essa è o non è una grande finestra sulle vie cittadine e sulla società?
Per questo ogni allestimento creato era spettacolare, sembrava quasi di essere a teatro di fronte ad un palcoscenico ricco e meraviglioso, ed in poco tempo, il suo negozio divenne una delle tappe fisse delle promenade parigine.
"Quando veniva l'autunno tornavo dalla foresta di Fontainebleau con una carrozza carica di foglie dorate, bruciate dal sole, e in vetrina le mescolavo con panni e velluti degli stessi colori.
Quando nevicava, evocavo tutta la magia dell'inverno con stoffe di lana bianche, tulle e mussole combinate con rami secchi, e vestivo la realtà del momento interpretandola in un modo che incantava i passanti."
Nel 1905 realizzò uno dei capi più famosi e importanti della sua produzione artistica, Confucius: un mantello di ispirazione fortemente orientale. Questa influenza si leggeva sia nelle decorazioni, sia nella confezione del mantello: un rettangolo di panno usato in senso orizzontale piegato a metà con due davanti simmetrici e aperto alle spalle.
Trasformò il tradizionale kimono in un capo occidentale rendendolo un soprabito. Il colore rosso, invece, è di evidente ispirazione fauve.
Eliminare la rigidità, liberare la società, rinnovare il costume erano le missioni di Poiret, la sua moda, infatti, tendeva alla semplificazione delle forme e alla pulizia delle linee.
Trasformò il tradizionale kimono in un capo occidentale rendendolo un soprabito. Il colore rosso, invece, è di evidente ispirazione fauve.
Eliminare la rigidità, liberare la società, rinnovare il costume erano le missioni di Poiret, la sua moda, infatti, tendeva alla semplificazione delle forme e alla pulizia delle linee.
Nel 1905 sposò la sua musa ispiratrice, nonché una delle donne più eleganti di Parigi, Denise Boulet. Sull'onda del successo, l'anno seguente, nel 1906, ampliò la sua Maison trasferendosi al 37 di Rue Pasquier.
L'abito Lola Montes fu l'emblema assoluto del rinnovamento
Nello stesso anno creò l'abito Lola Montes, che fu l'emblema assoluto del rinnovamento dei costumi e della liberazione delle forme femminili da ogni artificio e costrizione, infatti Poiret eliminò definitivamente il corsetto, sostituendolo con reggiseno e giarrettiere, elementi intimi più adatti ad un abbigliamento agile ed essenziale.
L'abito Lola Montes fu l'emblema assoluto del rinnovamento
Nello stesso anno creò l'abito Lola Montes, che fu l'emblema assoluto del rinnovamento dei costumi e della liberazione delle forme femminili da ogni artificio e costrizione, infatti Poiret eliminò definitivamente il corsetto, sostituendolo con reggiseno e giarrettiere, elementi intimi più adatti ad un abbigliamento agile ed essenziale.
"Certo, so bene che ci sono sempre state donne intralciate dalla loro naturale abbondanza, desiderose di celarla o meglio ripartirla. Ma quel corsetto le divideva in due blocchi distinti: da un lato il busto, il petto, i seni; dall'altro tutta la parte posteriore, sicché le donne, scisse in due lobi, avevano l'aria di stare tirando un rimorchio. [...]
Come tutte le grandi rivoluzioni, anche quella era stata fatta nel nome della Libertà."
La silhouette femminile passò dalla forma a vespa ad una forma più slanciata e longilinea, suggerita dallo spostamento del punto vita, segnato tramite un nastrino, dalla vita a sotto al seno.Poiret prese ispirazione anche dal neoclassicismo, Jospehine fu uno dei tanti modelli "impero", cioè dritti e a vita alta. Se la struttura dell'abito ricordava il periodo del Direttorio, i tessuti, le stampe e i colori rispecchiavano la pittura d'avanguardia e le culture esotiche (extraeuropee).
La sua era una donna alta, sottile, senza forme evidenti, con i capelli corti o raccolti; era anche una donna sganciata dal contesto sociale, di certo non era una suffragetta o un'intellettuale ma una signora del bel mondo, una dea, una sacerdotessa, il soggetto del desiderio e del lusso, una ninfa.
La sua era una donna alta, sottile, senza forme evidenti, con i capelli corti o raccolti; era anche una donna sganciata dal contesto sociale, di certo non era una suffragetta o un'intellettuale ma una signora del bel mondo, una dea, una sacerdotessa, il soggetto del desiderio e del lusso, una ninfa.
Le pubblicazioni sulle riviste dell'epoca erano in bianco e nero, visto l'importanza dei colori negli abiti di Poiret, lo stilista assunse al suo servizio l'illustratore Paul Iribe, il quale creò delle tavole a colori a tiratura limitata da distribuire alle clienti della Maison.
L'illustrazione, oltre ad essere un canale di divulgazione inedito per la moda, permise anche di offrire uno scenario in cui inserire gli abiti, suggerendo un'atmosfera e un immaginario. Anche i disegni di Iribe, per la bidimensionalità della rappresentazione, erano influenzati dalla cultura giapponese.
Sempre ad Iribe venne affidato il compito di curare la coerenza formale e comunicativa della Maison: progettò il marchio a forma di rosa, i biglietti di invito, la carta intestata, ecc.
L'illustrazione, oltre ad essere un canale di divulgazione inedito per la moda, permise anche di offrire uno scenario in cui inserire gli abiti, suggerendo un'atmosfera e un immaginario. Anche i disegni di Iribe, per la bidimensionalità della rappresentazione, erano influenzati dalla cultura giapponese.
Sempre ad Iribe venne affidato il compito di curare la coerenza formale e comunicativa della Maison: progettò il marchio a forma di rosa, i biglietti di invito, la carta intestata, ecc.
Fra il 1909 e il 1910 iniziò a Parigi la stagione dei Ballets Russes capitanati da Diaghilev che fece della capitale francese il centro delle ricerche nel campo della danza, della musica e non solo.
Fino a quel momento la danza classica proponeva ambienti semplici e poveri come scenografia e tutù e calzamaglia come abiti; gli spettacoli russi come i celberrimi Shéhérazade, L'uccello di fuoco, L'après-midi d'un faune, invece, prevedevano costumi straordinari e scene elaboratissime e colorate.
I balletti russi offrirono favole, luoghi esotici, musica innovativa, oltre che l'immagine di un mondo culturale nuovo e completamente ignoto fino a quel momento in Francia.
Fino a quel momento la danza classica proponeva ambienti semplici e poveri come scenografia e tutù e calzamaglia come abiti; gli spettacoli russi come i celberrimi Shéhérazade, L'uccello di fuoco, L'après-midi d'un faune, invece, prevedevano costumi straordinari e scene elaboratissime e colorate.
I balletti russi offrirono favole, luoghi esotici, musica innovativa, oltre che l'immagine di un mondo culturale nuovo e completamente ignoto fino a quel momento in Francia.
Poiret venne influenzato tantissimo da questa ondata di novità, tanto che abbandonò il modello impero a favore di un gusto più orientale, arabo ed etnico.
Ne è l'emblema la jupe entravée, cioè una gonna lunga e dritta serrata da una cintura all'altezza delle ginocchia, costringendo le donne a camminare a piccoli passi per evitare di strapparla.
I pantaloni da harem non avevano nessuna connotazione rivoluzionaria o politica, l'adozione dei pantaloni da parte delle donne non corrispondeva ad una voglia di emancipazione, bensì erano semplicemente un capo casalingo, da indossare sotto ad una tunica lunga fino al polpaccio.
A completare questi abiti dal gusto esotico Poiret previde anche i turbanti, raffigurati spesso nelle illustrazioni del giovane Lepape che ritraeva donne pigre, circondate da cuscini, tende colorate, sedute a teatro o servite da schiavi di colore.
Nel 1911 Poiret organizzò un grandioso evento "La festa della Milleduesima Notte", una serata in costume organizzata nel parco della Maison in cui venne allestita un'elaboratissima scenografia composta da fontane, cuscini, tappeti, oggetti orientali, ballerini, uccelli, pappagalli, scimmie, sabbia, incenso, mirra, fuochi, suoni di flauti e cetre, coronata da un buffet a base di specialità culinarie indù.
Come in un teatro, l'entrata era sorvegliata da dei veri e propri cerberi che controllavano i costumi degli invitati, proponendo sostituzioni fatte dalla Maison nel caso in cui non fossero stati in tema.
Se rapportassimo questa festa ai giorni nostri si assomiglierebbe molto ad una sfilata, pensiamo soprattutto a quelle molto sceniche di Dior ai tempi di John Galliano o di Alexander McQueen.
Poiret con le sue sperimentazioni in campo pubblicitario gettò le basi per la moderna e contemporanea comunicazione della moda.
Come in un teatro, l'entrata era sorvegliata da dei veri e propri cerberi che controllavano i costumi degli invitati, proponendo sostituzioni fatte dalla Maison nel caso in cui non fossero stati in tema.
Se rapportassimo questa festa ai giorni nostri si assomiglierebbe molto ad una sfilata, pensiamo soprattutto a quelle molto sceniche di Dior ai tempi di John Galliano o di Alexander McQueen.
Poiret con le sue sperimentazioni in campo pubblicitario gettò le basi per la moderna e contemporanea comunicazione della moda.
Per presentare le sue creazioni e il suo stile a tutta l'Europa, nel 1910, Poiret intraprese un lungo viaggio, che gli permise di entrare in contatto con le avanguardie artistiche e di conoscere personaggi come Klimt e Hoffmann.
Dalla Wiener Werkstätte in particolare imparò che la creazione di abiti faceva parte di un più ampio e complesso quadro del gusto che andava dalle arti maggiori agli eventi mondani, alla vita quotidiana.
L’idea che arti maggiori e minori aderissero a un unico programma lo abbagliarono e nel 1911 aprì a Rue de Saint-Honoré l’Atelier Martine, una scuola-laboratorio di produzione di oggetti, vestiti, accessori, elementi d'arredamento per offrire un favoloso mondo "alla Poiret".
Nel 1911 creò anche delle fragranze della Maison, i primi profumi avevano il nome degli atelier, quindi Rosine e Martine, poi presero nomi suggestivi come Aladino, Maharajah. I flaconi erano disegnati e realizzati dall'atelier e erano avvolti da foulard di seta con stampe e disegni personalizzati sul gusto del cliente.
Bisognerà aspettare la fine del Novecento perchè grandi Maison com Christian Dior, Ralph Lauren, Gucci riprendano una progettazione della moda così globale, dalla carta da parati, l'arredamento al foulard alla boccetta del profumo.
Dalla Wiener Werkstätte in particolare imparò che la creazione di abiti faceva parte di un più ampio e complesso quadro del gusto che andava dalle arti maggiori agli eventi mondani, alla vita quotidiana.
L’idea che arti maggiori e minori aderissero a un unico programma lo abbagliarono e nel 1911 aprì a Rue de Saint-Honoré l’Atelier Martine, una scuola-laboratorio di produzione di oggetti, vestiti, accessori, elementi d'arredamento per offrire un favoloso mondo "alla Poiret".
Nel 1911 creò anche delle fragranze della Maison, i primi profumi avevano il nome degli atelier, quindi Rosine e Martine, poi presero nomi suggestivi come Aladino, Maharajah. I flaconi erano disegnati e realizzati dall'atelier e erano avvolti da foulard di seta con stampe e disegni personalizzati sul gusto del cliente.
Bisognerà aspettare la fine del Novecento perchè grandi Maison com Christian Dior, Ralph Lauren, Gucci riprendano una progettazione della moda così globale, dalla carta da parati, l'arredamento al foulard alla boccetta del profumo.
Nel 1913 proseguì il suo tour promozionale negli Stati Uniti, in cui trovò terreno fertile per la vendita dei prodotti europei, perchè stava crescendo una forte curiosità rispetto al vecchio continente.
L'anno dopo scoppiò la Prima Guerra Mondiale. Nel momento in cui finì, Poiret ne uscì devastato sia economicamente sia emotivamente per la perdita dei due figli e per il divorzio con la sua amata Denise Boulet.
Così partì per un viaggio in Marocco, da cui assorbì odori, colori, immaginari che gli permisero di tornare con nuove ispirazioni e nuove idee.
Le sue collezioni si fecero più sapienti e preziose, i materiali diventarono sempre più ricercati, i ricami elaborati e le ispirazioni colte ed esotiche: dal Marocco alla Cina, dai ricami bretoni all'Egitto.
L'anno dopo scoppiò la Prima Guerra Mondiale. Nel momento in cui finì, Poiret ne uscì devastato sia economicamente sia emotivamente per la perdita dei due figli e per il divorzio con la sua amata Denise Boulet.
Così partì per un viaggio in Marocco, da cui assorbì odori, colori, immaginari che gli permisero di tornare con nuove ispirazioni e nuove idee.
Le sue collezioni si fecero più sapienti e preziose, i materiali diventarono sempre più ricercati, i ricami elaborati e le ispirazioni colte ed esotiche: dal Marocco alla Cina, dai ricami bretoni all'Egitto.
All'inizio degli anni Venti esplose la moda à la garçonne che sancì il successo definitivo di Coco Chanel, così, gli abiti di Poiret vennero considerati troppo decorativi, elaborati e lussuosi per essere contemporanei.
Iniziò così il declino della sua Maison, dopo vari tentativi per riconquistare la sua clientela, tra cui il trasferimento dell'atelier agli Champs-Elysées ed un finto incendio della vecchia sede, l'Expo (Exposition international des Arts Décoratifs et Industriels Moderns) del 1925 sembrò la perfetta occasione per tentare il rilancio della Maison.
Vendette Roisine e l'Atelier Martine per acquistare tre grandi battelli, decorati dall'Atelier Martine e dai suoi amici artisti, che vennero collocati sulla Senna durante il periodo dell'Expo.
La zattera chiamata Amore esponeva i profumi, Orgia era una galleria dei suoi modelli incorniciati dalle tele di Dufy e Delizia era un ristorante.
La società della Belle Époque era stata cancellata dalla Grande Guerra ed era stata rimpiazzata da un modello culturale interclassista. Anche le donne non si riconoscevano più nel modello della femme fatale o da boudoir, anzi rivendicavano la propria indipendenza e la propria libertà.
Per questo la società optò per abiti più comodi, pratici e semplici, adatti ad uno stile di vita attivo, veloce e moderno.
Poiret, ormai in bancarotta, fu costretto ad abbandonare la moda nel 1927, due anni dopo la sua Maison venne chiusa e nel 1944 il grande stilista morì.
Di seguito una serie di modelli sviluppati durante tutta la sua carriera artistica.
Iniziò così il declino della sua Maison, dopo vari tentativi per riconquistare la sua clientela, tra cui il trasferimento dell'atelier agli Champs-Elysées ed un finto incendio della vecchia sede, l'Expo (Exposition international des Arts Décoratifs et Industriels Moderns) del 1925 sembrò la perfetta occasione per tentare il rilancio della Maison.
Vendette Roisine e l'Atelier Martine per acquistare tre grandi battelli, decorati dall'Atelier Martine e dai suoi amici artisti, che vennero collocati sulla Senna durante il periodo dell'Expo.
La zattera chiamata Amore esponeva i profumi, Orgia era una galleria dei suoi modelli incorniciati dalle tele di Dufy e Delizia era un ristorante.
La società della Belle Époque era stata cancellata dalla Grande Guerra ed era stata rimpiazzata da un modello culturale interclassista. Anche le donne non si riconoscevano più nel modello della femme fatale o da boudoir, anzi rivendicavano la propria indipendenza e la propria libertà.
Per questo la società optò per abiti più comodi, pratici e semplici, adatti ad uno stile di vita attivo, veloce e moderno.
Poiret, ormai in bancarotta, fu costretto ad abbandonare la moda nel 1927, due anni dopo la sua Maison venne chiusa e nel 1944 il grande stilista morì.
Di seguito una serie di modelli sviluppati durante tutta la sua carriera artistica.
Fonti:
Enrica Morini, Storia della Moda XVIII-XX1 secolo, Skira, 2011
Gabriella D'Amato, Moda e design, Bruno Mondadori, 2010
Cally Blackman, 100 anni di moda, Mondadori, 2012
www.wikipedia.it
Enrica Morini, Storia della Moda XVIII-XX1 secolo, Skira, 2011
Gabriella D'Amato, Moda e design, Bruno Mondadori, 2010
Cally Blackman, 100 anni di moda, Mondadori, 2012
www.wikipedia.it